Problemi della coppia

Perché ci leghiamo proprio a quella persona? Cosa ci ha colpito al primo sguardo, al primo incontro? Spesso, nella clinica come nella vita di tutti i giorni, alcune coppie fanno fatica a rispondere a questa domanda. Non meditano su ciò che le ha legate o danno per assodato un rapporto finché questo non scricchiola. Ma come si arriva, dopo magari anni di consolidata conoscenza, a dichiarare: “sei diverso/a dalla persona che ho conosciuto”, “sei cambiato/a”, “non ti riconosco più”?

In queste parole si nascondono la frustrazione e la rabbia di non riuscire più a connettersi con l’altro in maniera profonda. Ma con noi stessi, con le nostre intime motivazioni, trasformazioni, sentimenti, riusciamo a connetterci? Prima di “sputare” sentenze sul partner o sulla relazione, proviamo a riflettere su quanto in noi può essere mutato nel tempo: eventi esterni, situazioni particolari, esperienze che mettono a prova la resilienza personale e che cambiano il modo di interpretare la realtà.

Una volta messo a fuoco il “qui ed ora”, si può analizzare in cosa differisce dal “lì e allora”, ovvero cosa ci ha legato al nostro partner e quale sentiamo essere il patto implicito che abbiamo stretto. A quali bisogni risponde l’altra persona? E noi con cosa, con che aspetti di noi, della nostra vita, del nostro carattere, soddisfiamo i suoi? “[…] ciò che ha attratto i due nella stessa orbita, è un misto di bisogni, di speranze e di difesa da pericoli che i partner si aspettano di trattare nel rapporto di coppia” (Cigoli, Scabini 2000).

Ecco che riprendendo contatto con i bisogni profondi si ristabilisce una connessione, spesso sotterrata da incomprensioni, difficoltà di comunicazione, paure, reticenze. Mettersi nei panni dell’altro e tentare di capire con la forma mentis dell’altro cosa stiamo cercando di comunicare e cosa possiamo percepire aumenta le possibilità di comprendersiri-conoscersirinegoziare il patto fatto implicitamente nel momento in cui ci siamo legati l’uno all’altro.

Chiaramente il percorso che porta a questa riscoperta deve fondarsi sulla motivazione di entrambi i membri della coppia, sulla volontà di ritrovare la risorsa di coppia, in coppia. Spesso capita, quando lo psicologo lavora con le coppie, che ci siano momenti di motivazione altalenante nei partner, la qualcosa è assolutamente “fisiologica”, ma la consapevolezza del percorso è indispensabile ci sia da entrambe le parti. E, cosa mai banale da ribadire, non ci può aspettare che la terapia “cambi” il partner a nostro piacimento. Il terapeuta non è l’ambasciatore di uno dei membri della coppia o, dio ce ne scampi e liberi, quello di entrambi! Non è il detentore della verità di coppia, né di ciò che è giusto o sbagliato. Il terapeuta aiuta a comprendere come le dinamiche comunicative, personali, relazionali possano agevolare od ostacolare il legame, la relazione, la vita di coppia. 

La funzione maieutica della terapia di coppia mira a rinnovare, potenziare le risorse presenti e limare quanto può risultare inefficace o dannoso alla relazione.

Quindi, la terapia, può essere vista come uno strumento per migliorare, sviluppare, incrementare la connessione di coppia al fine di conoscersi e vivere meglio la vita “coniugale”.

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