Il confronto che fa paura: l’isolamento sociale negli adolescenti

“Dottoressa mio figlio non va a scuola, non esce, , non ha amici”

Da tempo si presentano agli occhi di noi clinici, molte situazioni in cui ci troviamo ad avere a che fare con ragazzi chiusi nelle loro stanze. Di certo il periodo pandemico e post pandemico, e la grande incertezza che ne consegue, non hanno aiutato. Ma, forse, non è solo colpa del COVID. Le cause dell’isolamento sociale possono essere diverse, a volte si possono anche sovrapporre.
In questo articolo ci soffermeremo su una questione in particolare: la difficoltà del confronto con l’altro.
In adolescenza il gruppo dei pari è fondamentale, perché permette di vivere una gamma di emozioni e situazioni che in famiglia non si possono, per natura, sperimentare. Basti pensare al gruppo classe, o al gruppo che si crea attraverso hobby e passioni. Le relazioni, però, spaventano, “l’altro”(quello diverso da noi e fuor dalla comfort zone), ci spaventa. L’adolescenza è un periodo di cambiamenti: cambia il corpo, cambiano i gusti, cambiano gli atteggiamenti, cambiano gli amici che si avevano da piccoli. E in tutti questi cambiamenti, gli altri come mi vedono? Forse è più sicuro restare nella propria tana.
Il ritiro sociale fa paura. Fa paura ai genitori, che si sentono soli in questa situazione. Ma sono anche i ragazzi ad avere paura. Non è una questione di pigrizia e non è (solo) colpa dei videogiochi.

Aspettative e confronto: cosa succede quando la tendenza si inverte.
Età dello sviluppo, cosa significa? Significa che i ragazzi stanno cercando di rispondere alla domanda “Chi sono io?”. Una domanda non da poco. Questo è il periodo in cui la spinta dovrebbe essere verso l’esterno, verso lo sperimentare varie strade per cercare di rispondere a questa domanda. A volte, però, le aspettative del mondo circostante ed il confronto con gli altri si fanno molto pesanti, e c’è chi di questa situazione ne soffre. La paura di non essere “tanto quanto” gli altri, non diventa benzina che fa muore verso nuove sfide e nuove conquiste, ma arresta bruscamente la socialità e l’incontro.

Percorsi possibili: Lavorare insieme
Che cosa “fare”? I genitori arrivano sempre con questa domanda. “Devo obbligarlo ad andare a scuola?” , “Gli organizzo una pizza con gli amici?”, “Gli ritiro la play station?” Queste domande partono, in realtà, da tentativi che i genitori spesso hanno già fatto. E se avessero funzionato, non ci sarebbe bisogno di un aiuto esterno. Il punto è che il professionista non ha un manuale di risposte preconfezionato, un po’ come il genitore non ha un manuale che gli insegni passo-passo cosa dire o cosa fare. I percorsi di psicoterapia e sostegno alla genitorialità sono fondamentali, ma attenzione. E’ importante che teniamo a mente che si tratta di percorsi, non di soluzioni immediate. E’ frustrante, e allo stesso tempo necessario, farsi accompagnare in questa situazione.
Si ma quindi il professionista, se non da soluzioni immediate, cosa fa? Con gli adolescenti è fondamentale fare “quadrato” non contro di loro, ma insieme a loro. Può essere utile seguire diverse strade, che partono da punti di vista differenti, ma che arrivano in un’unica meta.
1. Il percorso di psicoterapia con l’adolescente. Gli incontri servono per dare ai ragazzi uno spazio loro, privato e sicuro, utile a capire quali sono le loro sofferenze, e quali sono le motivazioni che stanno sotto a certi comportamenti. Per fare questo possiamo usare, ad esempio, la creatività ed i sogni nel cassetto, con l’obiettivo di esplorare che cosa sta succedendo. Attenzione però, questo obiettivo si raggiunge solo se da parte dei ragazzi vi è una motivazione. Se il genitore ci “consegna” il figlio come se dovessimo aggiustare dei pezzi rotti e cambiarli, non funzionerà. Lo psicologo non è un meccanico che sostituisce pezzi rotti. Lo psicologo aiuta l’altro a sbrogliare la matassa, per tessere la sua maglia personale. In questo senso, diciamo, è più come un sarto.
2. Il sostegno alla genitorialità. Il problema è quando pensiamo che il punto siano solo i figli. Il sostegno alla genitorialità non è una psicoterapia di coppia e non è una psicoterapia individuale. E’, anche qui, un percorso che si fa insieme, per accompagnare i genitori nei vari cambiamenti dei figli, per aiutarli a leggere i messaggi che mandano. Lo spazio per i genitori serve per aiutarli a contenere le loro ansie e le loro paure e per dare un senso ed un nome a quello che accade, riflettendoci insieme.
Non è che una cosa escluda l’altra, anzi. Spesso le questioni vanno di pari passo, così come i miglioramenti. Non possiamo spingere i nostri ragazzi a confrontarsi con il mondo, se siamo i primi che non si mettono in discussione. Il cambiamento è un cambiamento del gruppo famiglia, dove ognuno fa il suo pezzettino. Non ci sono buoni o cattivi, colpe o meriti, ma solo la responsabilità di accettare di camminare insieme.

 

 

 

 

A cura di:

Beatrice Ventura

Psicologa – Criminologa – Specializzanda Scuola di Psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico per l’individuo ed i gruppi
  • Colloqui individuali con bambini, adolescenti e adulti
  • Approfondimenti diagnostici
  • Sostegno alla genitorialià
  • Gruppi di sostegno emotivo

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