Nomofobia: il sottile confine tra paura di stare senza smartphone e dipendenza
La nomofobia consiste nella paura di rimanere senza il proprio telefono cellulare e può colpire individui di sesso ed età differenti
Al giorno d’oggi vivere senza un telefono cellulare può porre le persone in una posizione di svantaggio. Per molti non è solo una questione di comodità. Sociologicamente parlando, il desiderio di cercare connessioni in un mondo sempre più individualizzato, di sviluppare un senso di appartenenza in una comunità frammentata e globale, di avere accesso a informazioni illimitate in una società che valorizza e preferisce la conoscenza e di godere della gratificazione istantanea associata alla comodità, non rappresenta, apparentemente, un insieme di motivazioni irrazionali (Bauman, 2001; Bauman, 2000; Lyotard, 1984; Shove, 2003).
I telefoni cellulari stanno cambiando il comportamento, le relazioni, la comunicazione e le dinamiche che si verificano nella vita di ognuno di noi. A seguito di ciò, negli ultimi anni è esponenzialmente aumentata la dipendenza dal dispositivo, impiegato per moltissime attività quotidiane, ed è inoltre emersa una nuova fobia: la nomofobia. Questa patologia consiste proprio nella paura di rimanere senza il proprio telefono cellulare e può colpire individui di sesso ed età differenti.
Kaviani e colleghi hanno svolto uno studio in merito che mirava a determinare se la nomofobia potesse aumentare la probabilità di uso problematico dipendente, proibito e pericoloso del telefono cellulare. Con “uso problematico dipendente del cellulare” si intende una situazione in cui si ha incapacità di spegnere il telefono, in cui si avverte un senso di vuoto senza di esso e in cui talvolta ci si sente incapaci di vivere. Inoltre, questo tipo di situazione potrebbe generare un’incapacità di resistere all’impulso di usare il telefono. È stato anche documentato l’uso di alcune funzioni del telefono in aree proibite o vietate come biblioteche, cinema, aerei o spazi dove è richiesto il silenzio: questi eventi indicano un “uso problematico proibito del telefono”, anche definito antisociale. Oltre a quest’ultimo, è stato ampiamente documentato l’“uso problematico pericoloso degli smartphone”, che può ad esempio generare una guida distratta o un distratto attraversamento della strada (Bach et al., 2015; Stimpson et al., 2013).
Come sostenuto da questo studio, esibire comportamenti problematici può indicare un’eccessiva dipendenza dal proprio telefono. Per porvi rimedio, non è sufficiente rimproverare l’individuo sul suo comportamento: gli interventi dovranno considerare l’esistenza e le ragioni della nomofobia e come questa possa incoraggiare un uso problematico. Nel frattempo, tra i trattamenti indicati per questa tipologia di disturbo, è stato dimostrato che le pratiche di consapevolezza riducono i comportamenti problematici e pericolosi del telefono cellulare nell’ambito della sicurezza stradale (Feldman et al., 2011). Le tecniche mindfulness, infatti, possono essere efficacemente impiegate per ridurre l’uso problematico dei dispositivi mobili, oltre alla psicoterapia individuale, come strumento volto a comprendere i significati sottesi a tale dipendenza e poter, pertanto, co-costruire alternative efficaci.
A cura di:
Alessandra Berto
Psicologa – Psicoterapeuta ad indirizzo costruttivista
- Svolge attività di CTP (Consulente Tecnico di Parte)
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