Storie coraggiose di persone comuni

“Ma dalle nostre profonde ferite nasceranno farfalle libere”
Alda Merini 

Continuiamo a dar voce attraverso Costruttivamente-in-blog alle narrazioni che le persone che si affidano a noi desiderano regalarci durante o alla fine del loro percorso terapeutico. Oggi proponiamo il racconto di Tania (nome di fantasia) che ha voluto offrirci la sua esperienza dopo la morte di suo marito.

… MI SENTIVO COME UNA FOGLIA SECCA CHE IL VENTO TENTAVA DI STRAPPARE
Raccontare il proprio dolore è difficile e faticoso, perché, nonostante l’aiuto dei propri figli e nipoti, devi lavorare su te stessa.
A gennaio 2021 è mancato mio marito e all’improvviso mi sono sentita terribilmente sola, disorientata, spaventata e dover trascorrere i giorni da sola. Ho 82 anni e figli e nipoti meravigliosi, tuttavia il vuoto che lui ha lasciato è incolmabile. Cercavo di non farmi vedere sofferente, ma quand’ero sola mi ripiegavo su me stessa singhiozzando come una bambina, finché, esaurita, non smettevo. Passai i primi mesi così, tralasciando ogni suggerimento che, a volte, suscitava in me ribellione, confusione. Provavo a leggere, ma nessun libro mi piaceva; uscire mi rendeva più nervosa e stanca. Faticavo persino a respirare, perché la mia mente era sempre là, negli ultimi giorni, rivivendoli con tanti sensi di colpa. Desideravo solamente rimanere a casa senza desideri e senza la volontà di fare qualsiasi cosa. Mi sentivo come una foglia secca, che il vento tentava di strappare. E dopo alcuni mesi, immersa in tale sensazione, capii che la foglia secca di un certo punto cade a terra. In continua lotta come stessa, cominciai riflettere che così non potevo andare avanti. Facevo male me stessa ed ai figli. Non trovavo pace, ma sentivo nascere in me un po’ di volontà di reagire. Così riprovai con la lettura, con le passeggiate, con la frequentazione della Chiesa, ma come risultato: fallimento e avvilimento.
Un giorno le mie figlie mi suggerirono di frequentare un corso. No, assolutamente no! Poi, riflettendo assiduamente, provai a intraprendere questo percorso, che inevitabilmente mi costringeva a uscire di casa, seguire le lezioni e studiare, leggere e portare il pensiero qualche volta altrove. Mi accorsi con molta lentezza, fatica, impegno gravoso, che stavo recuperando il mio equilibrio. Soprattutto sentivo mio marito dolcemente vicino con ricordi belli della nostra vita e quasi orgoglioso della mia ripresa. Nei figli, in una dottoressa diventata amica, nello studio e nella fede, pescavo e pesco ancora la forza per ritrovare me stessa, il mio equilibrio, la mia vita da sola. La terribile angoscia, che letteralmente mi schiacciava, si tramutava in tristezza e nostalgico desiderio della sua presenza. Così ripresi le vecchie tradizioni di famiglia, come i pranzi tutti insieme. Questo insieme lento, ma continuo di percorsi mi sta portando a riempire in qualche modo la vita, svuotata dall’assenza del mio uomo, con l’amore dei figli e dei miei deliziosi nipoti.
È vero, non lo tocco, non lo vedo, non lo sento, ma lo tengo del mio cuore e, quindi, nella mia vita c’è sempre, di giorno di notte; anzi, prima di qualsiasi decisione, penso a ciò che lui mi avrebbe suggerito e come mi avrebbe incoraggiato. Lo vedo quando mi prendeva la mano con determinazione e dolcemente sorrideva. Spero di continuare in questo modo, anche se non sempre è così.

E ricordati, io ci sarò. 
Ci sarò su nell’aria.
Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare,
mettiti da una parte,
chiudi gli occhi e cercami.
Ci si parla.
Ma non nel linguaggio delle parole.
Nel silenzio.”

Tiziano Terzani

 

A cura di:

 

Antonella Stella

Psichiatra – Psicoterapeuta
  • Scuola di Specializzazione in psicoterapia cognitiva ad indirizzo Costruttivista (CESIPc)
  • Istruttore protocolli MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) e MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy)

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